Broken heart, shattered dreams? DON’T GIVE UP.

Esiste una realtà chiamata Istituto di moda Burgo, che è quello che frequento nella mia splendida Lecce, dove ogni giorno regnano l’impegno, la determinazione, la costanza e anche i sogni, che non passano inosservati ai grandi occhi delle nostre insegnanti, le quali, giorno per giorno, ci accompagnano in questo percorso, creano per noi delle opportunità e ci mostrano come coglierle nel modo giusto, anche ora, nonostante il momento difficile che tutti noi, in Italia e nel mondo, stiamo fronteggiando. Come ci ripetono sempre a lezione, bisogna saper affrontare qualunque difficoltà con coraggio e impegno, senza abbattersi ma credendo in se stessi e restando positivi.
Ammetto che, essendo alla mia prima intervista, al mio primo articolo, ieri ho a malapena chiuso occhio. La persona che vado a intervistare ha solo 26 anni, ha iniziato il suo percorso nella moda come i miei compagni di corso ed io stiamo facendo ora. Non posso stringerle la mano e chiacchierarci davanti a un caffè, eppure la sua storia, la sua energia, la sua voglia di fare, irriverenza e caparbietà, ma soprattutto la sua semplicità, libertà e positività, riescono ad attraversare l’Italia e iniettarmi una dose incredibile di entusiasmo attraverso un pc.
Ve la presento.
Ciao Angelia! Iniziamo: dicci un pò di te.
Ciao Carola! Mi chiamo Angelia, ho 26 anni e nel 2016 ho iniziato a lavorare al mio progetto personale Angelia Ami. Vivo a Milano, anche se in realtà è una città che mi va un pò stretta e non vedo l’ora di andarmene. Ho un cane, un gatto e un cavallo, tutti un pò matti. Fumo un sacco di sigarette e nel tempo libero vado in palestra e bevo vino rosso con i miei amici.
Come nasce il tuo brand?
Angelia Ami nasce dalla volontà/necessità di esprimere quello che ho dentro. Ho iniziato piuttosto giovane e con una certa incoscienza, senza capire davvero ciò a cui andavo incontro.
Chi sono le ragazze che dovrebbero vestire Angelia Ami?
Angelia Ami non è altro che la rappresentazione di quello che sono io, di quello che vorrei per me, di quelle che sono tutte le mie sfaccettature. Di conseguenza, le ragazze che dovrebbero vestire Angelia Ami sono versatili, determinate, viaggiatrici, nomadi, decise nella vita e nel lavoro, sono ragazze indipendenti con le idee chiare e devote sia al loro lavoro sia al loro tempo libero. Non sono ragazze che seguono la moda come delle capre, ma ragazze con un gusto deciso e personale. Non credo sia possibile ignorare completamente le tendenze, una contaminazione ci sarà sempre ed è giusto, ma Angelia Ami vuole produrre capi timeless, che possano durare nel guardaroba per stagioni e stagioni, dando carattere a chi li indossa e aiutando le ragazze a esprimere la loro personalità.
Immagino non sia stata una passeggiata, decidere di fondare una linea di moda e realizzarla non sono cose che avvengono in uno schiocco di dita. Avrai avuto e avrai tutt’ora una bella squadra che ti aiuta e ti sostiene. Chi ci ha creduto e ci crede tuttora insieme a te?
Quando ho iniziato ero davvero giovane e a tratti incosciente. Non avevo presente quali fossero le risorse di cui necessitavo e inizialmente mi sono circondata di strutture esterne che, oltre che supportarmi, potessero anche insegnarmi molte cose. In questo modo ho imparato cosa fare, cosa non fare, cosa volevo e soprattutto cosa non volevo. Apro una parentesi a favore della mia famiglia, che ha sempre creduto in me e mi ha sempre sostenuta, anche economicamente. È un lavoro che occupa tutte le mie giornate, come dicono le mie amiche “vado a letto con il mio lavoro”, ed è vero. Da qui nasce la necessità di trovare qualcuno che sia disposto a dare disponibilità estrema. In periodi tosti non esistono weekend o momenti di pausa. Per questo motivo, un anno e mezzo fa ho iniziato a lavorare con un team che potesse sostenermi tutti i giorni, tutto il giorno.
Il momento immediatamente precedente al lancio del brand e quello immediatamente successivo, cosa ricordi?
Possiamo dire che il lancio ufficiale del brand sia avvenuto in due momenti: il primo è avvenuto in una sfilata, che non era né una sfilata scolastica, né una vera e propria sfilata di Angelia Ami, più un momento di transizione. Era la Fashion Week di febbraio del 2016, organizzata da una ONG che lanciava talenti emergenti. Io ho organizzato una campagna di crowdfunding per finanziare sia la mia partecipazione all’evento, sia la produzione della collezione. Una volta fatta questa sfilata, le alternative erano due: la prima era quella di fare delle belle foto da aggiungere al mio portfolio e andare a cercare lavoro da qualcun altro. La seconda, invece, era di cogliere l’occasione e rendere questa prima sfilata l’inizio di Angelia Ami, e alla fine cosi è stato.
Detto questo, io sono una tipa abbastanza, come dire, precisa ed esigente, e quello che considero veramente il primo passo di Angelia Ami è stata la collezione spring/summer 2017, al seguito della quale scattammo il lookbook in Paolo Sarpi, a Milano, perché la collezione raccontava della Cina, del paradosso made in Italy/made in China, utilizzando tutta una serie di broccati cinesi, in seta ecc. Quindi abbiamo scattato in Paolo Sarpi, lavorando su una fotografia simile a quella di Martin Parr, le cui opere sono sempre molto oggettive, molto crude, molto ironiche, erano state un pò il punto di partenza della collezione.
Angelia Ami vede la luce nel 2016, sono passati ben quattro anni da allora e la moda, sospinta dalla continua evoluzione dei social, cambia di secondo in secondo. Ti senti influenzata da questo continuo vento o Angelia è piantata in un suo personale mondo, con una sua precisa identity non scalfibile dal contorno?
In realtà, io sono per entrambe le cose, nel senso che sicuramente Angelia Ami ha una sua identità, o almeno io penso che sia così. Sicuramente Angelia Ami ha una sua identità che parte da quello che sono io, da quello che mi piace, da quello che voglio, da quello che vedo, insomma dalla mia visione. Allo stesso tempo, questo continuo vento è anche molto utile. Dopo quattro anni, mi ritrovo a essere sempre più vicina a quello che penso sia veramente Angelia Ami, sia per quello che mi piace e quello che penso, sia per il mio modo di esprimermi, e questo vento mi ha sicuramente aiutata. Considera anche che io viaggio sempre molto, quando non sono a Milano é perché viaggio, ed è la cosa che mi piace fare più di tutte. Nel viaggiare, lascio che la mia testa sia libera, e quello che poi vado a creare, a disegnare, quello su cui vado a lavorare con le persone con cui collaboro, è semplicemente quello che ricavo naturalmente da questi viaggi. Ti parlo di viaggi perché mi sposto fisicamente, ma vale lo stesso discorso per quanto riguarda i social. Quello che faccio con Angelia Ami è frutto di quello che sono io, di quello che vedo fuori, ed è frutto anche di quello che mi succede attorno. Per cui, è tanto vero che Angelia Ami ha una sua identità, quanto è vero che Angelia Ami si evolve continuamente, e questa sua evoluzione non è dissociata da quello che succede intorno a me, intorno a noi e anche da un’evoluzione personale.
Nel giugno 2018 sei stata selezionata come finalista di Who is on next. Congratulazioni! Cosa credi abbia convinto la giuria?
Quando ho partecipato a Who is on next eravamo cinque finalisti. Penso che la giuria abbia fatto una scelta abbastanza “ampia”. Eravamo tutti molto diversi, c’erano sicuramente dei prodotti, delle collezioni molto più mature e strutturate, proprio a livello di prodotto, rispetto alla mia, ma penso che quello che ha convinto i giudici sia stato il fatto che fosse un progetto fresco, un progetto originale perché molto personale. Tant’è che, dopo Who is on next, quello che ho capito che doveva diventare il fulcro della mia attenzione era il prodotto a livello di utilizzo, ma anche a livello di dettaglio. Io sono molto“picky”, sono molto esigente con me stessa, per cui nel momento in cui riguardo il mio capo voglio che sia perfetto, e questa perfezione implica una perfetta costruzione, progettazione, il perfetto tessuto, la cura del dettaglio e soprattutto il perfetto livello di riconoscibilità.
Quindi, insomma, penso che sicuramente il mio progetto fosse fresco, originale, fosse giovane, che comunicasse qualcosa. La collezione con cui ho partecipato a Who is on next era la spring/summer 2019, che veniva fuori da un viaggio fatto con il mio cane. Abbiamo fatto il viaggio da Milano a Roma a piedi, percorrendo la via Francigena, quindi sicuramente era una storia divertente e interessante…!
Tanti ragazzi si approcciano al mondo della moda sperando di riuscire a imporsi e a farsi sentire. Quali sono state le difficoltà maggiori per te? Eri e sei giovanissima.
Sicuramente è un pò la volontà di tutti quella di imporsi e di farsi sentire, però, se io in questo momento potessi tornare indietro e dare un consiglio alla me di quattro anni fa, sarebbe: Angelia, fermati un attimo e fai esperienza da altri. Io non rinnego nulla di quello che è stato il mio percorso, però mi rendo conto che una delle maggiori difficoltà è quella di capire veramente che cosa si vuole dire. Va bene sapere che si vuole dire qualcosa, ma che cosa? È qualcosa che sta dentro di te. La creatività, secondo me, è un pò un punto di incontro tra quello che hai dentro e quello che sei, è qualcosa di estremamente connesso al rapporto che hai con te stesso e, per aver anche un tipo di approccio sano a questo lavoro, credo sia importante costruirsi una rete di salvataggio: da un lato, lavorare su quello che è il tuo IO creativo, su quello che vuoi dire, dove vuoi arrivare. Allo stesso tempo, però, riuscire a costruire una rete di persone che ti possano aiutare a esprimere quello che vuoi, che possono essere persone a cui vuoi bene, persone con cui sei cresciuta, ma soprattutto persone dell’ambiente: stylist, fotografi, contatti con i magazine, è tutto molto importante. Anzi, devo dirti che io, in questo momento, dopo tre anni e mezzo, ho preso la decisione di mettere in pausa Angelia Ami da quello che era il suo organico attivo h24, sette giorni su sette. O meglio, di mandarlo avanti comunque, ma nel frattempo, dedicarmi anche a un’esperienza altrove, perché mi rendo conto che, per quanto sia vero che abbiamo visto dei successi, per quanto tante cose che abbiamo fatto siano andate bene, io sento davvero la necessità to improve myself, sotto tutta una serie di punti di vista. Penso proprio di aver voglia, di aver bisogno di vedere il mondo che c’è fuori. Avere un brand è molto bello ma, allo stesso tempo, è anche un limite a livello di esplorare, conoscere, provare, perché tutto quello che fai se funziona è bene, ma se non funziona sono errori che ti porti sulle spalle e, ovviamente, hanno un peso diverso rispetto a un errore che puoi fare lavorando per qualcun altro.
Quali sono, secondo te, le skills indispensabili per fare il tuo lavoro?
Trattandosi di un dipartimento creativo e artistico, è sempre tutto soggettivo. Oggettivamente parlando, le skills indispensabili sono sicuramente la determinazione, avere le idee chiare e sapere quello che si vuole, non avere paura di tutto quello che può succedere nel percorso, perché sicuramente ci saranno un sacco di ostacoli, e non aver neanche paura di osare. Penso che sia indispensabile avere un buon balance tra il riuscire a spingersi oltre e l’avere sempre un occhio fisso su quello che si fa. E’ giusto spingersi oltre ma, allo stesso tempo, è giusto avere sempre un occhio dall’alto su se stessi, su quello che si fa. Credo in me stessa ma, qualsiasi cosa faccia, devo essere convinta non una, non due, ma dieci volte di quello che faccio. Lo stai facendo tu, lo stai facendo per te stesso, per un progetto che è tuo, e se non ci credi tu, non ci crederà mai nessuno. Devi crederci, devi crederci tantissimo, e devi avere tutti gli strumenti necessari per poterci credere e per poterti spingere ma, allo stesso tempo, è importante guardarsi dall’alto, guardarsi dentro ed essere anche critici su quello che si fa.
Tu credi in quello che molti dicono e non dicono? Che riuscire in questo settore sia più facile per qualcuno e “meno facile’’ per altri, per questione di collocazione geografica, agiatezza, accademia di formazione, ecc.?
Sicuramente esistono i casi speciali, facciamo un esempio a caso: una persona che per tanti motivi ha già molta visibilità, é più avvantaggiata rispetto al signor nessuno perché si trova ad avere un certo tipo di pubblico, persone che possono credere in lui/lei in un certo modo, una certa disponibilità economica. Che poi, nel 2020, quanti casi del genere ci sono? Quanti influencer, quante persone di spicco? Quante modelle, quante cantanti, quanti lanciano proprie linee, proprie collezioni, è una cosa che veramente ormai succede tutti i giorni, in qualsiasi parte del mondo. Però non credo che questo lo renda più facile. Più immediato forse.
Io ho sempre fatto parte di quella categoria di persone che pensano “Sono giovane, voglio farlo adesso perché sono giovane! Voglio farlo subito!”, senza tenere presente che invece l’esperienza è una cosa fondamentale, fare un certo tipo di percorso è una cosa fondamentale. Allo stesso tempo credo anche che volere sia potere. Per cui, mettendo insieme il fatto che “volere è potere” al fatto che bisogna acquisire una certa sicurezza di quelle che sono le proprie possibilità, penso che si possa arrivare ovunque. Questo non significa che si può arrivare ovunque domani, vuol dire che ci si fa il c**o! Perché é ovvio che se tu conosci quelli che fanno la selezione da LVMH, domani sei dentro, mentre io che non li conosco ci metto cinque anni in più. Però saranno cinque anni in più per arrivare da LVMH con un prodotto molto più maturo, con una comunicazione molto più matura, credendo molto di più in me stessa. Volere è potere, ma le cose non cadono dal cielo, ecco, mettiamola così!
È inevitabile per un designer creare tenendo ben presente la domanda del mercato. Fino a che punto le tue creazioni ne sono influenzate?
Nel momento in cui si va a creare una collezione si deve avere ben presente quello che è il merchandising. Sicuramente ci sono dei pezzi più commerciali, sicuramente ci sono dei pezzi più creativi, questo vuol dire che c’è una base di pezzi vendibili che vengono richiesti e per cui vengono fatti degli studi: cosa è piaciuto in passato, quali sono i pezzi che possono diventare dei continuativi, ecc. Poi ci sono dei pezzi molto più iconici, che sono destinati a tutta la parte prêt-à-porter, alle richieste stampa, al vestire i personaggi ecc., che esprimono con fuoco e fiamme quello che è il concept dietro alla collezione.
Tanti non fanno mai il primo passo, non alzano mai la voce per farsi sentire per paura di essere inadatti, non abbastanza in gamba, mai pronti, semplicemente di fallire. Ma il fallimento, i fallimenti secondo te cosa sono?
Io sono una persona estremamente critica ed estremamente mean, cattiva con me stessa, nel senso che non li accetto i fallimenti. Però, d’altra parte, mi rendo conto che i fallimenti fanno parte del percorso, degli errori da cui impariamo. Nel momento in cui impariamo ad essere più gentili, più calmi con noi stessi, riusciamo anche a capire che non esiste un percorso di sole vittorie. Se fai un percorso di sole vittorie, quand’è che ti fai delle domande in più? Quand’è che metti in dubbio quello che fai, quello che sei? Quand’è che ti migliori? Per cui, in realtà, i fallimenti (e, veramente, te lo dice una che a volte si vuole bene e a volte si odia) non sono altro che un modo per imparare. Angelia Ami non è un progetto fallimentare, Angelia Ami ha riscosso un sacco di successo, e un sacco di gente, quando io ho detto “Ragazzi, ho bisogno di fermarmi un attimo, di rallentarmi un attimo, perché ho bisogno di essere migliore, ho bisogno di imparare”, mi ha risposto “Ma no, non fare cosi, questo non è un fallimento”. Ma, proprio perché non è un fallimento, io ho bisogno di fare questa cosa. Perché per me, fermarmi e cercare di imparare da qualcun altro e migliorarmi, è proprio il contrario, si tratta di alzare ancora il livello, imparare qualcosa di nuovo e riprendere in mano Angelia Ami tra due, tre, cinque anni in modo completo, continuativo, con altri strumenti e nuove skills.
Noi ci stiamo ancora provando, cosa ci consiglieresti?
Di volervi bene, di credere in voi stessi ma essere anche critici, di pensarci sempre due volte, ma di buttarvi!
Ti ringrazio Angelia, conoscerti è stato veramente un grande piacere!
Ma figurati, spero di esserti stata utile. A super presto!
Chiudo quest’intervista e mi sento ricaricata. Ascoltare Angelia e la sua storia, sentire sulla pelle l’entusiasmo, la forza e l’impegno che mette nel suo percorso, è stata un’iniezione di adrenalina e motivazione. E’ vero quello che ci dicono in Accademia. Dobbiamo lavorare, su chi siamo, su chi vogliamo essere, avere qualcosa da dire al mondo e gridarlo, senza imporlo o sbattere i piedi per terra se non viene capito, ma provandoci e riprovandoci, finché non riusciremo a fare qualcosa che non sia fine a se stesso ma che dia un contributo positivo al mondo in cui viviamo, a far sentire qualcun altro come Angelia ha fatto sentire me oggi: POWERFUL.
di CAROLA PANICO